Cercare e amare il bello non significa aborrire
il brutto perché anche nel brutto può esserci il bello.
La bellezza infatti è strettamente legata alla
bontà della persona che guarda (bontà intesa come propensione a cogliere tutto
ciò che c’è di bello nel creato, senza fermarsi alle apparenze).
Ad esempio: un corpo deforme di un
disabile non è brutto agli occhi di chi cerca il bello perché lo sguardo di
quest’ultimo va oltre, non si ferma a guardare il fisico malato della persona
disabile, ma percepisce la grandezza della sua anima sofferente; allo stesso
modo, un largo sorriso può essere espressione di una grande ipocrisia e magari, al contrario, un pianto può essere
l’espressione suprema di un momento di gioia.
Di qui la relatività del bello che la
tradizione popolare riassume nel detto “Non
è bello ciò che bello, ma è bello ciò che piace”.
Quindi è capace di ammirare la bellezza
in tutte le sue espressioni solo chi
guarda con l’occhio della bontà.
Nel testo “Il libro di Lezard”, l’autore fa una lunga di
dissertazione sulla bontà e inizia la conversazione nel seguente modo:
“Ti parlerò stasera della bontà soltanto, perché la
bontà tra gli uomini è come il profumo tra i fiori; come il canto tra gli
uccelli; come il vento tra le foglie; come il sole in un campo.
Tu devi essere
buona.
Non debole, non
vile, non indifferente alle cose brutte che avvengono, non disposta a
tollerare
qualsiasi
linguaggio, qualsiasi azione, ma buona infinitamente.
La bontà non
critica.
Non giudica.
Non condanna.
Non disprezza.
Non pensa male
degli altri.
Non presta fede
a chi parla male degli altri.
Non parla male
di nessuno.
Criticare è
troppo facile.
Parlar male... si fa troppo presto.”
Anche
lui sostiene che non bisogna essere indifferenti alle cose brutte proprio perché
bisogna guardare oltre le apparenze.
Ma elogio più bello alla bontà, intesa proprio come sensibilità umana verso ciò che ci circonda lo fa santa Madre Teresa di Calcutta che così prega:
Ma elogio più bello alla bontà, intesa proprio come sensibilità umana verso ciò che ci circonda lo fa santa Madre Teresa di Calcutta che così prega:
La
bontà
Non permettere mai
che qualcuno venga a te e vada via
senza essere migliore e più contento.
Sii l'espressione della bontà di Dio.
Bontà sul tuo volto
e nei tuoi occhi,
bontà nel tuo sorriso
e nel tuo saluto.
Ai bambini, ai poveri
e a tutti coloro che soffrono
nella carne e nello spirito
offri sempre un sorriso gioioso.
Dà loro non solo le tue cure
ma anche il tuo cuore.
che qualcuno venga a te e vada via
senza essere migliore e più contento.
Sii l'espressione della bontà di Dio.
Bontà sul tuo volto
e nei tuoi occhi,
bontà nel tuo sorriso
e nel tuo saluto.
Ai bambini, ai poveri
e a tutti coloro che soffrono
nella carne e nello spirito
offri sempre un sorriso gioioso.
Dà loro non solo le tue cure
ma anche il tuo cuore.
E
quale volto può essere più bello di quello che vede con gli occhi della bontà e
si illumina con i suoi stessi sorrisi gioiosi?
Questa capacità è molto comune nei bambini
che, proprio perché percepiscono il mondo con gli occhi della bontà, riescono
più degli adulti ad incantarsi di fronte alle meraviglie della natura.
Il papa Francesco ha invitato più volte
tutti i cristiani ad esercitare la virtù della bontà con queste parole: “Costruite un mondo di bellezza, di bontà e di verità”
Significativa è anche la considerazione che un blogger fa nel suo sito “Riflessi d’acqua” sulla bontà d’animo:
“La bontà d’animo
non è una maschera per ricoprire abissi, né abito da cerimonia da indossare
solo in qualche occasione … non è una luce a intermittenza o un vuoto da
colmare con parole altrui raccattate in giro o prese in prestito…
La bontà d’animo o c’è, o non c’è, e se c’è non strilla o si vanta ammantandosi di penne di pavone, ma traspare in ogni istante da quel che ognuno è e ognuno fa…è una luce soffusa e discreta che irradiandosi accarezza tutto quello che tocca”.
La bontà d’animo o c’è, o non c’è, e se c’è non strilla o si vanta ammantandosi di penne di pavone, ma traspare in ogni istante da quel che ognuno è e ognuno fa…è una luce soffusa e discreta che irradiandosi accarezza tutto quello che tocca”.
Non meno bello è questo racconto che ci fa capire ancor di più che la bellezza è legata alla bontà.
La bontà cambia i cuori
Un vecchietto che da molto tempo si era allontanato
dalla Chiesa, un giorno andò dal parroco. Sperava di essere aiutato finalmente
a risolvere i suoi problemi di fede. Quando entrò nella canonica, c'era già una
persona a parlare con lui. Il sacerdote intravide il vecchietto in piedi in
corridoio, e subito, uscì a portargli una sedia.
Quando l'altro si congedò, il parroco fece entrare il vecchio signore. Conosciuto il problema, gli parlò a lungo e dopo un fitto dialogo, l'anziano, soddisfatto, disse che sarebbe tornato alla Chiesa. Il parroco, contento, ma anche un po' meravigliato, gli chiese: «Senta, mi dica, di tutto il nostro incontro, qual è l'argomento che più l'ha convinta a tornare a Dio?». «Il fatto che sia uscito a portarmi una sedia», rispose il vecchietto.
Quando l'altro si congedò, il parroco fece entrare il vecchio signore. Conosciuto il problema, gli parlò a lungo e dopo un fitto dialogo, l'anziano, soddisfatto, disse che sarebbe tornato alla Chiesa. Il parroco, contento, ma anche un po' meravigliato, gli chiese: «Senta, mi dica, di tutto il nostro incontro, qual è l'argomento che più l'ha convinta a tornare a Dio?». «Il fatto che sia uscito a portarmi una sedia», rispose il vecchietto.
Nessun commento:
Posta un commento