La
vera umiltà è difficile trovarla ai nostri tempi.
Viviamo
infatti in un periodo in cui sono “scomparsi” o sono davvero “rari” i veri
intellettuali quelli che una volta venivano definiti “saggi” o “uomini di
cultura” perché, avendo studiato per lungo tempo e con dedizione, avevano
nozioni e conoscenze radicate e profonde e quindi si pronunciavano con
cognizioni di causa e con umiltà, perché sapevano che il loro sapere era
comunque sempre limitato, tanto che Socrate si vantava del fatto che lui sapeva
di non sapere e in questo superava di gran lunga i “sofisti” del suo tempo.
Oggi
invece tutti credono si sapere perché è diventato più facile l’approccio
all’informazione, ma non alla conoscenza che richiede più approfondimento e
studio e quindi sono pochi quelli che davvero hanno la piena padronanza delle
discipline e/o delle nozioni che trattano.
Un esempio lampante di “falsa
cultura” ci è data dai nostri politici, messi spesso alla berlina per le
corbellerie che dicono.
Spesso, nonostante la loro evidente
ignoranza, coprono cariche paradossalmente incompatibili con questo loro stato di
“imperizia” e mi viene in mente in
questo momento il Ministero della Pubblica Istruzione che da anni vede
alternarsi alla sua guida uomini e donne, incapaci e limitati, tanto che non si
riesce a capire come hanno fatto ad arrivare a quel posto.
Ma senza addentrarci in queste
ostili realtà, limitiamoci ad osservare gli alterchi che si verificano quotidianamente in
famiglia, per le strade o sui luoghi di lavoro.
Tutti credono di saperne più
degli altri e più c’è arroganza più alta è la pseudo-cultura.
Al contrario, talvolta è
proprio l’ignorante a dirla giusta, perché magari considera la sua esperienza
di vita e nella sua schiettezza vede più chiaro dei “presuntuosi”.
Sull’argomento potremmo dire
tanto ma servirebbe a poco.
Leggete cosa dice Fulton J. Sheen nel suo libro “La divina avventura”:
“Una notte, nell’aria quieta, si alzò dalle bianche
colline di Betlemme un lieve vagito.
Il mare non udì quel grido, perchè il mare era pieno
della sua propria voce.
La terra non l’udì, perchè la terra era addormentata.
I grandi della terra non l’udirono, perché non
potevano comprendere come un bimbo potesse essere più grande di un uomo adulto.
I Re della terra non l’udirono, perchè non potevano
capacitarsi che un Re potesse nascere in una stalla.
Solo due classi di persone udirono il vagito quella
notte: i Pastori ed i Saggi.
Pastori: quelli che sanno di saper nulla.
Saggi: coloro che sanno di non saper tutto.
Pastori: poveri semplici che sapevano soltanto
custodire le loro pecore, che forse non sapevano neppure chi fosse il
Governatore della Giudea; che non conoscevano neppure un verso di Virgilio –
così noto e citato da qualsiasi Romano.
I Saggi: non Re, bensì maestri di re; uomini che
sapevano leggere le stelle e narrare la storia dei loro moti; uomini dedicati,
consacrati alla scoperta.
Gli uni e gli altri udirono il vagito.
I Pastori trovarono il loro Pastore, e i Saggi
scoprirono la Sapienza.
E il Pastore e la Sapienza era un
Bimbo nella mangiatoia.
Da quella sera fino ad oggi ci sono state soltanto due
classi di persone che hanno udito il vagito di Cristo ed hanno trovato Cristo:
I molto ignoranti e i molto
saggi.
Gli ignoranti: anime semplici che sanno forse soltanto
sgranare il loro Rosario, e i saggi: come Pascal, Tommaso d’Aquino,
Bonaventura, Mercier, Agostino, ecc. Tra questi non è mai esistito chi abbia
avuta certezza di sapere.
Soltanto gli ignoranti e i saggi trovano Cristo,
perché sono umili; perchè riconoscono la loro ignoranza e i limiti della
conoscenza umana; e questo è essere umili.
Per entrare nella grotta della Natività bisogna
chinarsi: e chinarsi con umiltà. Chi possiede l’umiltà può entrare, e troverà
quello che i Pastori e i Saggi trovarono: un Bimbo steso su un letto di paglia.
Tanta era la maestà che luceva dalla fronte di quel Bimbo, tanta la dignità,
tanta la luce di quegli occhi, che essi non poterono tenersi dal gridare: Emanuele! Dio è con noi!”